Jacopo Facciolati

Il genio di Torreglia

(1682-1769)

Ritratto di Jacopo Facciolati

1. C’era una volta un paese sui Colli Euganei: Torreglia (1682-1696)

Giacomo Fasolato nacque a Torreglia il 4 gennaio 1682, da una famiglia modesta. Qui ebbe i primi rudimenti di istruzione dal parroco ed era stato segnalato per la sua intelligenza tra “alquanti puteli che vengono alla casa del parroco per imparare a leggere” (ACVP, Visitationum, LXV, 122).

Nel luogo dove sorgeva la sua casa natale, cioè all’inizio dell’attuale via Mondonego, in centro a Torreglia, esattamente davanti alla Chiesa del Sacro Cuore di Gesù (via Mirabello 52), sono state collocate due targhe marmoree (foto a lato). La prima recita: «Qui / nacque Jacopo Facciolati / lì 4 gennaio / 1682». La seconda recita: «Magna domus salve! Grajis innixa columnis / splendori cedant regia tecta tuo»: «Salve, augusta casa, al tuo splendore si inchinino le regge sostenute da greche colonne». La seconda targa riporta due versi di un carme latino di Francesco Pimbiolo degli Engelfreddi, intitolato De villula Tauriliae, composizione del 1817 all’interno della quale è presente un elogio del genius loci, cioè Facciolati (si veda al par. 14).

Fu quasi sicuramente nel 1696 che Gregorio Barbarigo (1625-1697) (foto a lato), allora vescovo di Padova (1665-1697), durante la sua terza visita pastorale a Torreglia, incontrò il giovanissimo Giacomo Fasolato, di appena quattordici anni, intuendone il talento e invitandolo a entrare nel Seminario che lui stesso aveva fondato nel 1670.

San Gregorio Barbarigo

2. Giacomo Fasolato seminarista a Padova (1696-1704)
 Fasolato condusse gli studi dapprima nel collegio vescovile del Tresto, presso Este, subito dopo nell’ambitissimo seminario padovano. Maestri illustri gli insegnarono teologia, logica, e fecero sorgere in lui la passione per le lettere.

3. Don Giacomo Fasolato, un prete del Settecento (1704-1711)
 

Nel 1704 fu ordinato sacerdote e ritornò presso la famiglia. Ma poiché in quello stesso anno aveva conseguito la laurea in teologia, fu immediatamente richiamato a Padova dal vescovo Giorgio Corner (1658-1722), successore del Barbarigo, che lo inserì presso il seminario come ripetitore. Ancora piuttosto giovane, il 3 gennaio 1708 venne nominato ‘ricovrato’ nella prestigiosa Accademia dei Ricovrati di Padova, fondata nel 1599 (ora Accademia Galileiana di Scienze Lettere e Arti, già Patavina), nella quale ricoprì anche l’incarico di segretario dal 1713 al 1715. Fu anche socio dell’Accademia latina di Verona e di quella degli Agiati di Rovereto (appena fondata nel 1750). Dal 7 agosto 1739 fu acclamato socio anche dell’Accademia dei Concordi di Rovigo.

segretario dal 1713 al 1715. Fu anche socio dell’Accademia latina di Verona e di

quella degli Agiati di Rovereto (appena fondata nel 1750). Dal 7 agosto 1739 fu

acclamato socio anche dell’Accademia dei Concordi di Rovigo.

4. Giacomo Fasolato, professore del Seminario Vescovile di Padova (1711-1722)
La carriera di Facciolati all’interno del seminario fu velocissima: pochissimo tempo dopo il suo insediamento, infatti, gli fu proposto di insegnare filosofia; nel 1711 gli fu affidata l’annua prolusione agli studi e nello stesso anno, avendo il cardinal Corner intuita la sua chiara propensione verso le discipline umanistiche, fu chiamato come maestro e direttore dell’Accademia, prestigiosa scuola interna che riuniva i giovani che si erano distinti nello studio delle belle lettere e venivano introdotti alla composizione in lingua italiana, greca e latina. Giacomo Fasolato ingentilì il suo nome mutandolo nel più elegante Jacopo Facciolati.

Gli anni trascorsi tra il seminario e questa ‘Accademia’, vedono Facciolati fervente organizzatore delle attività scolastiche, promotore zelante di tutti gli esercizi che egli considerava fondamentali per la formazione intellettuale e morale della gioventù, primi tra tutti l’apprendimento e la consuetudine con le lingue classiche.

Con evidente intento didascalico, scrisse (in italiano) Il giovane cittadino istruito nella scienza civile, e nelle leggi dell’amicizia (Padova 1740) (frontespizio online), che ebbe più edizioni (Padova 17482; Napoli 1740 e 1760) e fu perfino tradotto in polacco.

Seminario Vescovile di Padova

5. Facciolati, un genio in latino e greco
Può stupire a questo proposito il fatto che assieme al latino conoscesse anche il greco, poiché nel corso del sec. XVIII pochissimi in Italia potevano vantare tale prerogativa. In realtà la Ratio atque institutio studiorum Seminarii Patavini, introdotta da Gregorio Barbarigo nel 1690, faceva rientrare con tutti gli onori nel curricolo scolastico lo studio del greco, quasi dovunque obliterato, ritenuto fondamentale nel processo di formazione culturale dell’uomo.

Facciolati fu quindi un grande conoscitore di quella lingua; basti pensare ai suoi Compendiaria Graecae grammatices institutio in usum seminarii Patavini (Patavii 1735), corso di grammatica greca adottato anche in altre università italiane, le cui edizioni si protrassero fino al 1819. La struttura dell’opera anticipa per lo più quella delle grammatiche moderne, ricca di esempi tratti dalla grecità classica.

6. Facciolati, grande lessicografo (1718 e 1721)
Agli anni precedenti ai Compendiaria risalgono una serie di opere che arricchirono notevolmente la fama di Facciolati segnalandolo per la sua erudizione: emendò ed accrebbe il Dizionario di A. Calepio detto il Calepino (Calepinus septem linguarum hoc est lexicon Latinum, Patavii 1718) e soprattutto pubblicò l’Ortografia italiana (Padova 1721).
A scrivere quest’importante opera Facciolati fu sollecitato non solo dal grande interesse che in lui suscitavano i problemi filologici e linguistici, ma anche, e soprattutto, dai lavori di P. Bembo e di A. Tassoni. Nell’Ortografia sono segnalate ed autorizzate voci tratte da autori approvati dall’Accademia della Crusca e usate dai più celebri scrittori del Settecento. In secondo luogo Facciolati inserì delle tavole, da lui stesso ordinate cronologicamente, elencanti gli autori della Crusca e un indice degli stessi autori, seguiti dal titolo delle opere, con relativa edizione, approvate dalla Accademia. All’interno dell’imponente lavoro Facciolati eseguì inoltre la correzione di alcune voci errate reperite nel vecchio Vocabolario della Crusca. Un ulteriore sforzo compì, inserendo un cospicuo numero di vocaboli italiani derivati dal greco, segnalandone l’origine, o vocaboli ugualmente italiani “che nel latino non possono essere espressi con uguale precisione ed eleganza”, pure derivati dal greco.
Il cuore di questa raffinatissima opera si compone essenzialmente di quattro parti. Una prima comprende libri di autori antichi della lingua volgare fino al 1400. Seguono libri di autori compresi tra il 1400 ed il 1700. In terzo luogo si inserisce il vocabolario vero e proprio dell’ortografia italiana. In conclusione, alcuni avvertimenti sulle particolarità grammaticali della nostra lingua. L’opera di Facciolati risulta ancora oggi molto interessante. Tuttavia, se numerosissime edizioni ne furono compiute dalla prima fino al 1817, dopo quella data la fama di Facciolati subì un repentino calo, che si manifestò attraverso un minore interesse. A tutt’oggi risulta estremamente difficoltoso trovare su di lui qualcosa di più significativo di una semplice citazione, persino nelle grandi storie della lingua italiana, dalla metà del sec. XIX fino ai giorni nostri.

Nel 1713 Facciolati pubblicò una delle sue orazioni, Ad grammaticam (Patavii 1713), che ebbe tanto successo da essere ristampata ad opera di G. Walch (Lipsiae 1715) e che lo spinse a far stampare anche le numerose altre che di anno in anno andava recitando. Tali orazioni, moltissime delle quali presentate in occasione dell’apertura dell’Accademia e del seminario prima, dell’università poi, vennero raccolte con il titolo di Latinae selectae orationes XXVII (Patavii 1767), e in gran parte riprodotte negli Acta Eruditorum di Lipsia.

L’Araba Fenice, simbolo della Biblioteca e Tipografia del Seminario di Padova

Biblioteca antica del Seminario di Padova, sala interna

7. Facciolati, professore dell’Università di Padova (1722-1757)
Nel 1722 il cardinal Corner morì e a lui succedette il cardinale Giovanni Francesco Barbarigo, nipote del più famoso Gregorio, il quale prepose agli studi il suo vicario generale, pur lasciando le precedenti nomine formalmente operative. Tale situazione risultò oltremodo sgradita a Facciolati, che si ritirò immediatamente dal seminario. L’anno successivo gli fu offerta la cattedra di logica presso l’università di Padova, che egli accettò pur titubante; nel 1733 fu promosso alla prima cattedra. Agli anni dell’insegnamento presso l’università padovana risalgono alcuni studi propriamente filosofici ed alcuni studi ciceroniani; tra i primi si possono annoverare i Rudimenta logicae ad usum privatae scholae (Patavii 1729) e le Institutiones logicae peripateticae (Venetiis 1737); tra gli altri assumono particolare rilievo le Exercitationes MTCiceronis ad Qfratrem de petitione consulatus (Patavii 1732).

Nei confronti di Cicerone, in particolare, Facciolati nutrì quasi una forma di venerazione, che si concretizza anche in una lunga serie di opere che fino agli ultimi anni della sua vita egli dedicò al grande autore latino. La produzione filosofica e quella squisitamente critica e letteraria non assunsero mai, però, nell’ambito dell’intera opera di Facciolati un rilievo particolare; la sua importanza sta in gran parte nella sua opera di lessicografo, grammatico e linguista. Di questi anni infatti è la revisione dell’apparato di A. Nizolio (Nizolii apparatus linguae Latinaecrebris locis refectus et auctus ex formulis elegantioribus Doleti, Patavii 1734), che dimostra ulteriormente il suo particolare interesse per le opere dei grammatici tardorinascimentali.

Università di Padova, cortile del palazzo del Bo

8. Facciolati, di nuovo professore del Seminario e lessicografo (1730-1757)
 

Nel 1730 Facciolati fu costretto da monsignor Ottoboni (Minotti), vescovo di Padova, a riprendersi cura del seminario; fu allora che egli riconsiderò un ambiziosissimo progetto, tralasciato dopo il suo allontanamento dall’Accademia: quello di compilare il più grande e completo vocabolario di lingua latina che fosse mai apparso. In ciò si avvalse di un validissimo assistente, Egidio Forcellini (1688-1768), che già aveva collaborato con lui nella compilazione dei primi sei volumi, pronti all’epoca della morte del Corner. Spinto dal desiderio di concludere l’opera, Facciolati fece richiamare Forcellini, e con lui si applicò costantemente alla creazione di quest’opera, incoraggiato nel progetto dai molti che ne avevano compreso l’alto valore. Il vocabolario, una volta concluso, edito postumo in 4 volumi, prese il nome di Totius Latinitatis lexicon consilio et cura Iacobi Facciolatiopera et studio Aegidii Forcellini lucubratum (Patavii 1771; nel 1874 giunse alla 4° edizione, nel 1940 alla 5°, ancora in ristampa anastatica, Bologna 1965).
Molte polemiche si scatenarono all’uscita del vocabolario a proposito della reale paternità dell’opera, problema ancora oggi irrisolto. Pare evidente che senza la grandissima erudizione di Facciolati e la sua profonda e raffinata conoscenza del mondo latino Forcellini non avrebbe potuto compiere un lavoro tanto completo e innovativo. Nel grande vocabolario sono puntualizzate voci che erano state precedentemente attribuite in modo erroneo; le lezioni incerte sono attentamente studiate e scelte nel modo più corretto; l’opera è talmente puntuale e completa che l’esaurimento della prima lettera dell’alfabeto avvenne solo dopo tre anni di duro lavoro. Si può dire in conclusione che se Facciolati fu guida e ispiratore del lavoro, Forcellini lo ordinò e lo eseguì in maniera impeccabile. Stupisce oggi notare come poco risalto si dette alla grande fatica dei due studiosi a partire da appena un trentennio dopo l’uscita del vocabolario. Di esso tuttavia si parla nel corso di alcune lettere intercorse tra S. Maffei, A. Vallisnieri e Metastasio, entusiasti sostenitori del talento e dell’erudizione di Facciolati.

Il Totius Latinitatis Lexicon (ora comunemente noto come il “Forcellini”) è ancora il più ampio vocabolario latino completo oggi esistente: infatti il Thesaurus linguae Latinae, considerato il maggior sforzo della lessicografia latina contemporanea, edito a Lipsia a partire dal 1900 (inizialmente sotto gli auspici di cinque Accademie tedesche e in seguito con vasta partecipazione internazionale), è tuttora in corso di elaborazione presso la Bayerische Akademie der Wissenschaften a Monaco di Baviera, e procede con ritmo piuttosto lento (la fine è prevista intorno al 2050 circa). Per le lettere mancanti quindi il “Forcellini” è ancora insostituibile, ed è stato di fatto la fonte diretta o indiretta di tutti i lessici latini moderni: ne derivano ad esempio adattamenti e riduzioni straniere, tra cui ancora vitali il Georges (1873, rist. 1988) e il Lewis-Short (1879, rist. 1980).

Il “Forcellini” è stato lo strumento di lavoro che ha accompagnato i maggiori poeti italiani dell’Ottocento. Tommaseo lo acquistò un anno o poco più dopo l’arrivo a Padova, non ancora sedicenne, nel giugno 1817 (quasi presagio del suo futuro destino di vocabolarista), e lo portò sempre con sé nelle sue varie peregrinazioni in giro per l’Europa e l’Italia. Il compagno inseparabile di una vita intera e complice di una vocazione mai rinnegata non è andato perduto, ma in virtù del lascito della figlia di Tommaseo, suor Chiara Francesca, è tuttora custodito nella Biblioteca Nazionale di Firenze (e conserva incollata all’interno della copertina del primo volume una nota manoscritta, appostavi dal poeta cinquant’anni dopo, che ne narra le travagliate vicende e ne raccomanda la conservazione al figlio).

Nella biblioteca di Casa Carducci a Bologna è presente un’edizione del 1860. Giovanni Pascoli, come ricorda la sorella Maria, lo acquistò intorno al 1892, quando insegnava latino e greco al Liceo di Livorno, e il dizionario divenne anche il luogo ‘fisico’ in cui il poeta, incollando un’immagine di una Madonna col bambino sul recto della prima pagina bianca, fissava un certo suo privato e significativo simbolismo (ricordiamo che nel Novecento Pascoli fu addirittura tacciato da certa critica di trovare l’ispirazione per la sua poesia latina da «meticolose ricerche di glossari e calepini»).

Gabriele d’Annunzio infine, come è noto, nutrì il suo amore per la parola rara, preziosa, ricercata con un uso sistematico di lessici e vocabolari, tra i quali il “Forcellini” tiene uno dei primi posti.

Frontespizio del Lexicon

9. Facciolati, storico dell’Università di Padova (1739-1759)
Nel 1739 fu decretata l’assimilazione della cattedra di logica a quella di metafisica, decreto che Facciolati accolse presentando le proprie dimissioni al senato dell’ateneo padovano. Dopo quell’anno, ormai famosissimo, e non solo a Padova, fu nominato professore e storico dal senato accademico, che gli lasciò l’intero stipendio di 700 fiorini e contemporaneamente gli affidò l’incarico di continuare la storia della prestigiosa università, interrotta dopo la morte di E. Papadopoli, che l’aveva iniziata. Il compito non si presentava dei più agevoli; gli archivi universitari, infatti, trascurati da lungo tempo, erano quasi completamente vuoti e sprovvisti di qualunque documento significativo. Facciolati non si perse d’animo: riordinò l’archivio, dedicò molto tempo alla ricerca ed alla raccolta di documenti e, quando si sentì pronto, cominciò a scrivere la sua opera; nacquero così i Fasti Gymnasii Patavini (Patavii 1757), cui Facciolati premise un sunto con il titolo di Syntagmata XII (ibid. 1752).

Fasti, strutturati in tre parti distinte, ognuna corrispondente a un periodo della storia dell’ateneo padovano, abbracciano un lasso di tempo che va dal 1260 al 1405, un secondo dal 1405 al 1509, l’ultimo dal 1509 al 1759. L’opera subì molte critiche, la maggior parte delle quali rivolte all’aver ridotto la storia della prestigiosa università ad una pura raccolta di nomi e di sterili date, ad un elenco né prezioso né particolarmente significativo. E in effetti così è, ad eccezione del primo periodo analizzato, dove la ricerca appare più completa e vi sono ampi cenni alla storia di Padova; per il resto l’opera si presenta come un vero e proprio catalogo di nomi e date.

Ma il parziale insuccesso non impedì a Facciolati di essere insignito, tramite una ducale, dell’altisonante titolo di storiografo a vita. Nel 1752, al culmine della sua fama, mandò al pontefice Benedetto XIV una lettera (Epistula ad Benedictum XIV…, Patavii 1752), proponendogli la ristampa di una sua opera, il De servorum Dei beatificatione, et Beatorum canonizatione, procurandosi in tal modo la stima e il favore del papa.

Anche in vecchiaia l’attività di Facciolati fu molto intensa. Agli ultimi anni della sua esistenza appartiene la Vita MTulli Ciceronis litteraria (ibid. 1760).

10. Facciolati in contatto con l’Italia e l’Europa
La fama estesissima è confermata dai frequenti contatti che intrattenne con i più autorevoli rappresentanti della cultura dei suoi tempi: fu in corrispondenza, tra gli altri, con il medico G. Morgagni, con il matematico C. Poleni, con il botanico G. Pontedera, con il naturalista A. Vallisnieri e, specialmente, con S. Maffei e il Metastasio. Con lo storico L. A. Muratori, bibliotecario degli Estensi a Modena, intrattenne un significativo rapporto epistolare (conservato presso la Biblioteca Estense) che evidentemente, nel 1723, ne fece determinare l’aggregazione all’Accademia dei Dissonanti di Modena. Le lettere di Facciolati e molte di quelle che egli riceveva sono in gran parte dedicate al commento delle sue opere, al ringraziamento a chi le aveva giudicate favorevolmente, a consigli e suggerimenti a proposito di traduzioni o interpretazioni.
Tra gli studiosi stranieri ebbe una particolare consuetudine con G. Walch, che curò l’edizione tedesca di molte sue opere e che di lui scrisse frequentemente, definendolo “lumen Latinae linguae a quo Italia maxime illustratur” (Historia critica Latinae linguae, Lipsiae 1716, p. 443). In una lettera indirizzata da S. Maffei ad A. Vallisnieri, il 24 dic. 1718, si trova scritto: “Vi prego dirmi se il Facciolato abbia terminato il suo nuovo Calepino, e se sia stampato o si stampi avendone particolar curiosità e premura d’averlo adesso” (S. Maffei, Epistolario, a cura di C. Garibotto, I, Milano 1955, p. 278).

Nel 1761 Facciolati rifiutò l’offerta del re del Portogallo di trasferirsi a Lisbona per dirigere il collegio dei Nobili.

Ancora vivente, la sua biografia fu inserita nella monumentale Pinacotheca scriptorum nostra aetate literis illustrium, exibens auctorum eruditione laude scriptisque celeberrimorum, qui hodie vivunt, imagines et elogia di J. Brucker, pubblicata a Augsburg in Baviera nel 1747 (decas VI, volumen II, pp. 34-37).

Ludovico Anton Muratori

11. Facciolati, grande collezionista d’arte
Facciolati ebbe molta notorietà anche a causa di una collezione, singolare e interessante, che custodiva nella propria casa. Si tratta di una serie di quadri, alcuni preziosissimi, organizzata quasi come una mostra permanente, allestita in senso didattico, in modo da mostrare il progresso dell’arte pittorica dai bizantini fino ai moderni. Notevole era la curiosità suscitata da tale raccolta, sì da rendere la casa dell’abate meta ambita delle visite di illustri personaggi, italiani e stranieri, alla città di Padova.

12. Facciolati, benefattore di Torreglia (1765-1769)
Facciolati lungo la vita mantenne sempre i suoi legami con il paese natale, Torreglia del quale fu un importante benefattore. Sono tre le principali azioni di Facciolati a Beneficio di Torreglia. Innanzitutto il finanziamento di un restauro complessivo della chiesa parrocchiale, la Chiesa di San Sabino, conclusosi, secondo le fonti nel 1765.
Alla chiesa parrocchiale Facciolati donò anche alcune opere pittoriche tra le quali spicca una copia dell’Adorazione dei Magi di A. Mantegna realizzata da un pittore veneziano. Dell’Adorazione dei Magi di Torreglia è sempre visibile una copia nella Chiesa di San Sabino, mentre l’originale è conservato al Museo Diocesano di Padova.

Antica chiesa parrocchiale di Torreglia,
chiesa di san Sabino

Adorazione dei Magi, versione del Mantegna, dono di Facciolati alla Parrocchia di Torreglia

Madonna con Bambino, dono di Facciolati al paese di Torreglia

Dono di Facciolati fu anche una statua marmorea di Maria con il Bambino opera dello scultore Francesco Rizzi, allievo di Francesco Bonazza. Attualmente la statua è collocata all’interno di un capitello inizialmente progettato da Benedetto Fiandrini e ricostruito negli anni ’60 del Novecento in quella che prende il nome di Piazza Capitello al centro di Torreglia.

Di povera origine lui stesso, Jacopo Facciolati contribuì concretamente nell’aiutare i poveri compaesani, in particolare lasciando in punto di morte un terreno di sua proprietà da usare a loro beneficio, come evidenziato nell’atto dei morte, redatto dall’allora parroco di Torreglia, Giacomo Giuseppe Fabris: «L’illustrissimo Sig. Abate d. Jacopo Facciolati (per lo avanti Fasolati) pubblico professore dell’Università di Padova, nato in questa parrocchia li 4 gennaio 1682 e sino all’età adulta allevato, dopo d’aver lasciato alla povera gente di questa comunità ed alla chiesa, la quale sempre annoverò fra i poveri, il luogo di Monticello e dopo aver ristorata la chiesa, fabbricato l’altare maggiore da nuovo ed in altri modi beneficato ognuno che a lui ricorreva, morì in obsculo Domini li 26 agosto 1769 all’ore 22 ed il di lui cadavere fu sepolto nella chiesa del Torresino in Padova».

13. Facciolati, sepolto nella Chiesa del Torresino a Padova (1769)
Facciolati morì a Padova il 26 agosto 1769 e venne sepolto nella Chiesa di S. Maria Addolorata al Torresino nelle vicinanze del Seminario Vescovile. All’interno della Chiesa, vicino alla tomba è collocata una lapide che recita:

JACOBO FACCIOLATO P. P.

LATINAE ELOQUENTIAE

FACILE SUI AEVI PRINCIPI

BENE DE HOC TEMPLO MERENTI

SODALITAS

P.

ANNO MDCCLXXIII

«La comunità pose in onore di Jacopo Facciolati pubblico professore, che fu con facilità principe del suo tempo di eloquenza latina, per i suoi meriti riguardo alla costruzione di questo tempio. L’anno 1773».

Facciolati infatti aveva contribuito alle spese di manutenzione della chiesa.

Chiesa di S. Maria Addolorata al Torresino

Chiesa del Torresino a Padova

14La fama postuma
 
La fama di Facciolati è principalmente legata al Lexicon che fece conoscere il suo nome in Italia e in Europa. Soprattutto nella letteratura legata al paese di origine di Facciolati, cioè Torreglia, si trovano nel corso degli anni, menzioni ed elogi del genius loci. Tra le numerose testimonianze ne evidenziamo tre tutte torregliane.

Il nobile Francesco Pimbiolo degli Engelfreddi, poeta, professore, e, dal 1813, «I.R. Ispettore de’ ginnasii, collegii, scuole pubbliche e private di Padova», nel 1817 stampò presso l’editore Valentino Crescini di Padova un carmen elegiacum ad fratrem (il fratello Antonio, docente di medicina nell’Università patavina) intitolato De villula Tauriliae, per l’acquisto della villa tuttora esistente (Villa Pimbiolo a Torreglia alta). Ai versi 47-58 il Pimbiolo si produce in un diffuso elogio della casa di natale di Jacopo Facciolati (da cui verrà prelevato il distico inciso nella lapide), in cui il confronto con Cicerone allude ovviamente alla devozione e all’opera prestata dal latinista veneto all’Arpinate:

Scilicet hic superas venit Jacobus in auras

  O tibi quam, Cicero, proximus eloquio.

Illius ecce domus deformi rustica tecto

  Doctrinae at quantum protulit illa domus!

Est abjecta domus; sed vir clarissimus illam

  Fecit magnificis aedibus esse parem;

Sic licet Arpinas est Consul Tullius olim

  Romani et factus Gloria prima fori.

   Magna domus salve! Grajis innixa columnis

    Splendori cedant regia tecta tuo.

   Non aetas te laedat edax, non livor inumbret,

     nec te sera umquam posteritas sileat.

Nello stesso anno il carme elegiaco viene tradotto (in endecasillabi) e pubblicato dal giovane Giacomo Crescini, figlio dell’editore, amico di Pimbiolo e allievo dell’abate Barbieri (La villa di Torreglia, Padova 1817). L’esaltazione di Facciolati e del suo paese natale è ancora più esplicita (vv. 78-92):

Qui Jacopo le prime aure di vita

Qui a libar cominciò. Quanto, oh mai quanto

A te dappresso per facondia, o Tullio!

Ecco l’albergo, ecco l’incolto tetto

Dal suo genio creator già reso eguale

Ai dorati palaggi. Tale un giorno

S’estolse in grido Arpin, dotto ricetto

Del Console Roman, alto sostegno

E prima gloria de’ Romulei rostri.

Salve, o casa famosa; al tuo fulgore

Cedan dei Re le splendide magioni

Di greci ornate prezïosi marmi.

Te non offenda mai l’età vorace,

Te rispetti l’obblio, né per te ammuti

Tarda posterità.

L’abate Giuseppe Barbieri, a propria volta, nella prima delle lettere incluse nelle Veglie tauriliane pubblicate nel 1821, intitolata La villa di Torreglia, non manca di omaggiare Facciolati, non solo come latinista, ma soprattutto per le sue benemerenze nei confronti del paese natale:

«Ma che importa dar dietro a probabili congetture, quando fra gli Uomini illustri di Torreglia possiamo contare a’ dì nostri un tale ingegno, che basta per molti? Quest’è il celebre Jacopo Facciolati, restauratore della moderna Latinità, elegantissimo e copiosissimo Letterato, del cui nome risuonano a gara non solamente le nostre Cattedre, ma tutte d’Europa le Accademie e le Scuole. Ed egli sì tenero era del patrio Monte, che ha voluto lasciarne uffiziosa memoria nel suo Dizionario. E la Chiesa Parrocchiale di Torreglia riconosce in gran parte il suo rialzamento dai molti e larghi soccorsi del Facciolati, Chiesa modesta e semplice, anzi che no, ma secondo Villa in sul monte, degnissima d’essere visitata. Ed è posta in luogo amenissimo, e guarda in faccia il sole nascente, e signoreggia, che ben le sta, i campi suggetti».

Giuseppe Barbieri, Veglie Tauriliane, 1821, pp. 19-20.

Come già il Pimbiolo, anche Niccolò Tommaseo nel 1821 rese omaggio a Facciolati nel carme latino composto per celebrare la villa di Torreglia dell’abate Barbieri, semplicemente accennando alla

casulam, […], ubi lumina vidit

qui tantam Latiâ decarpsit fronde coronam.

cioè

la modesta dimora dove vide

la luce colui che sì grande corona colse dalla fronda latina.

Niccolò Tommaseo, Taurilae descriptio, Padova 1821, vv. 10-11

Giuseppe Barbieri

15. I ritratti biografici
La fama di Facciolati si diffuse ben presto in Europa, e fece sì che, ancora in vita, fosse annoverato fra gli scrittori segnalati da J. Brucker nella sua Pinacotheca scriptorum nostra aetate literis illustrium, exibens auctorum eruditione laude scriptisque celeberrimorum, […] qui hodie vivunt, imagines et elogia, pubblicata ad Augsburg (Augusta Vindelicorum) in Baviera nel 1747.

In Italia la prima biografia di Facciolati si deve al pisano A. Fabroni, autore dei venti volumi delle Vitae Italorum doctrina excellentium qui saeculi XVII et XVIII floruerunt (nel vol. XII, pubblicato nel 1785).

Non poteva mancare ovviamente il suo profilo nelle Vitae illustrium virorum Seminarii Patavini di G. B. Ferrari del 1799, che neanche vent’anni dopo verrà sintetizzato in italiano nella Vita di Jacopo Facciolati di G. Gennari (1818), alla base della voce del Dizionario Biografico degli italiani stesa da Marina Boscaino nel 1994. Sempre in ambito veneto rimangono la scheda di B. Gamba nella Galleria dei letterati e artisti illustri delle provincie veneziane nel secolo decimottavo (Venezia 1824), e la sezione a lui dedicata nella  Biografia degli scrittori padovani di A. Vedova, pubblicata a Padova nel 1831.

Ma il ritratto dello studioso steso da Niccolò Tommaseo nel 1841 per le Biografie degli italiani illustri di De Tipaldo (e poi più volte ristampato dal dalmata nelle sue miscellanee) resta il «saggio critico più acuto sul Facciolati, preciso ed equilibrato ancorchè non simpatetico», «cui poco resta oggi da aggiungere» (Nardo).

[tutti i testi citati sono consultabili online]

A Padova a Facciolati è intitolata una via all’interno del quartiere Forcellini, rendendo nell’urbanistica la collaborazione tra i due. A Torreglia a Facciolati è intitolata una via e la Scuola Media.

Nel 2019 si celebrano i 250 della morte del grande letterato (1769-2019).

Questo testo riprende in molte parti la voce Iacopo Facciolati di Marina Boscaino nel Dizionario Biografico degli Italiani, volume 44 (1994), ma la stesura finale presenta una strutturazione nuova ed è stata curata da Giulio Osto per la Parrocchia di Torreglia. Si ringraziano per la collaborazione: Riccardo Battocchio, Riccardo Carpanese e, in modo particolare, Patrizia Paradisi.

© Parrocchia Sacro Cuore di Gesù, 2017.

16. Per approfondire
 

Grossley, Nouveau mémoire ou Observation sur l’Italie et sur les Italiens, III, Londres 1765, p. 164.

B. Ferrari, Vitae illustrium virorum seminarii Patavini, Patavii 1799, pp. 49-77.

Gennari, Vita di IacopoFacciolati, Padova 1818

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